Ricordate quell’improbabile “preghiera per la pace” pronunciata su un prato triangolare da tre rappresentanti di religioni diverse, fra cui un imam musulmano che, facendolo in ogni sua preghiera, non si è potuto astenere, nemmeno in quella circostanza, dal chiedere ad Allah la distruzione degli infedeli, proprio nel luogo in cui il Principe degli Apostoli e centinaia di martiri, al tempo di Nerone, hanno dato la vita per Cristo mediante supplizi disumani…? Subito dopo, la firma di una “dichiarazione” di impegno comune – sempre per la pace – nell’adiacente Pontificia Accademia delle Scienze, retta per pura coincidenza da un solerte prelato argentino.
Sei mesi più tardi, nella medesima Pontificia Accademia, nuova riunione di capi religiosi riunitisi per firmare un’altra dichiarazione (questa volta contro le moderne forme di schiavitù), ma non più soltanto in tre, bensì in dodici, non più in rappresentanza delle sole religioni monoteistiche, ma dei principali culti diffusi sull’orbe terracqueo. La delegazione più numerosa – curiosamente – quella di un’ideologia guerresca che da quattordici secoli minaccia seriamente il cristianesimo; non potevano poi mancare i rappresentanti di una filosofia immanentistica che promette la felicità come dissolvimento nel nulla e di un’atavica credenza politeistica, oggi più che mai virulenta, che con le sue pratiche e litanie incomprensibili procura immancabili infestazioni maligne ai suoi adepti, specie se occidentali…