ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 gennaio 2016

"andare all'inferno"

GERUSALEMME UNA SPADA INSANGUINATA E MINACCE IN EBRAICO CONTRO I CRISTIANI: IMBRATTATA CHIESA DELLA DORMIZIONE
L'episodio a poche ore dalla visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma 17 gennaio 2016La Chiesa della Dormizione, a Gerusalemme, è stata nuovamente vittima di vandalismo. Ignoti hanno imbrattato l'esterno del luogo di culto con il disegno di una spada insanguinata e con una scritta in ebraico che suona come insulto e minaccia verso la comunità cristiana.  A denunciarlo con un post su Facebook è Wadie Abunassar, Consigliere dell'Assemblea dei Vescovi di Terra santa: 

New act of vandalism against Christians in Jerusalem!
Last night, Hebrew-graffiti were found on walls and doors of “Dormition Abbey” (Mount Zion, Jerusalem) not only against Jesus, but also calling for slaughtering Christians and sending them to hell!
Until when these acts will continue to take place?!
عمل تخريبي جديد ضد المسيحيين في القدس!
كتبت عبارات باللغة العبرية الليلة الماضية على جدران وأبواب دير "رقاد العذراء" (الدورميتسيون، على جبل صهيون في القدس) ليس فقط ضد السيد الم
מעשה ונדליזם חדש נגד נוצרים בירושלים!
בלילה, גרפיטי בעברית צוירו על קירות ודלתות מנזר "הדורמיציון" (הר ציון, ירושלים) לא רק נגד ישוע המשיח, אלא גם קוראים לטבוח בנוצרים ולשלוח אותם לעזאזל!
עד מתי יימשכו מעשי ונדליזם אלה?!

Secondo Wadie Abunassar le scritte sono da leggersi come un invito ai cristiani ad "andare all'inferno" in quanto nemici di Israele. Non è la prima volta che scritte offensive appaiono su edifici di culto utilizzati dai cristiani ma questa volta il gesto vandalico arriva in un momento particolare, a poche ore dalla storica visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma: un momento di ulteriore avvicinamento tra le due fedi monoteiste.  La polizia di Gerusalemme ha detto di aver aperto un'inchiesta. 

http://www.timesofisrael.com/jerusalem-church-defaced-with-anti-christian-graffiti/

Papa nella Sinagoga, amicizia tra ebrei e cattolici è luce di speranza

Il Papa con la kippah

Domani Francesco sarà in sinagoga. Ne parliamo con Minerbi, il più grande vaticanista israeliano: “Bergoglio rilanci la rivoluzione di Ratzinger su Gesù e abbracci lo stato ebraico”
di Giulio Meotti | 16 Gennaio 2016 

L’allora cardinale di Buenos Aires partecipa alla festa ebraica di Hanukkah. Bergoglio ha sempre avuto ottimi rapporti con il mondo ebraico. Visitò Israele per la prima volta nel 1973
Domani Francesco sarà in sinagoga. Ne parliamo con Minerbi, il più grande vaticanista israeliano: “Bergoglio rilanci la rivoluzione di Ratzinger su Gesù e abbracci lo stato ebraico”.
http://www.ilfoglio.it/gli-inserti-del-foglio/2016/01/16/il-papa-con-la-kippah___1-v-137101-rubriche_c372.htm

Gerusalemme, imbrattata la chiesa della Dormizione

1 / 15
Slide Show
L’Abbazia della Dormizione di Maria, la massiccia chiesa benedettina che domina Gerusalemme dal monte Sion, è stata imbrattata con scritte anti-cristiane e il disegno di una spada insanguinata (Epa/Abir Sultan)

“Ebrei e cristiani, il dialogo
lo si costruisce per gradi”

rav
“Questo nuovo incontro ha due significati. Da una parte dare continuità alla storica visita di Wojtyla e alla più recente conferma di Ratzinger. Dall’altro rilanciare un modello di convivenza pacifica tra le religioni in un momento in cui segnali che vanno esattamente nella direzione opposta rischiano di travolgere l’insieme delle nostre società e i valori su cui si fondano”. È la seconda volta che il rav Riccardo Di Segni accoglie un papa in sinagoga. La terza volta in assoluto invece che un pontefice varca la soglia del Tempio Maggiore. Cosa è cambiato rispetto alle precedenti visite? Quali gli specifici elementi di novità apportati in questa ultima circostanza? Per il rabbino capo sarebbe fuorviante parlare soltanto di una consolidata e amichevole abitudine che si è rinnovata. Più corretto parlare di un’occasione più significativa di tante altre per modulare sfide e orizzonti che appaiono sempre più irrinunciabili. “Attraversiamo un’epoca difficile e complessa. Un’epoca in cui si avverte più che mai l’esigenza di parlare in modo chiaro e di agire coerentemente. Le religioni – dice – non possono e non devono sottrarsi a questo compito”.

La visita è stata annunciata nel solco delle celebrazioni del cinquantenario della Dichiarazione Nostra Aetate. Mezzo secolo di impegno, confronto, coraggio. Da una parte e dall’altra. I risultati raggiunti sono significativi?

In generale direi di sì, in particolare in campo educativo i motivi di soddisfazione sono molti. Se oggi è venuto meno un certo insegnamento al disprezzo antiebraico piuttosto frequente in ambito cattolico lo si deve infatti anche e soprattutto al diverso approccio sancito nel documento conciliare. Le cose sono cambiate radicalmente e sarebbe una grave miopia non rendersene conto. Attenzione comunque a non lasciarsi andare a euforia e trionfalismi ben oltre il dovuto: la strada da fare è ancora molta. Serve prudenza, come sempre nella vita, anche se si può e si deve essere ottimisti.

Questo papato ha impresso in qualche modo una svolta nei rapporti? 

Bergoglio ha dimostrato in più circostanze la sua amicizia e la sua vicinanza al mondo ebraico, anche attraverso l’incontro con numerose delegazioni politiche e rabbiniche internazionali che gli hanno fatto visita in questi tre anni di pontificato. Scherzando, si potrebbe dire che da quelle parti ci si dovrebbe adoperare perché, tra tante chiese e luoghi di culto, si trovi lo spazio anche per una sinagoga. Le ripetute presenza ebraiche sembrerebbero suggerire questa necessità.

Si è trattato di incontri che hanno lasciato il segno? 

Quella di Bergoglio con gli ebrei è una azione fortemente incisiva, che ha consolidato una tradizione e un’apertura che erano già proprie dei suoi predecessori. Non parlerei quindi di un particolare valore aggiunto, ma anche in questo caso di una conferma. Le relazioni stesse tra ebrei e cristiani, la cui evoluzione è oggi in senso positivo, va interpretata e letta come un fatto graduale. Ogni cosa ha il suo tempo. Ogni situazione è peculiare e richiede un’attenta verifica e un confronto sincero. Soltanto così il rapporto potrà continuare a progredire e a dare i suoi frutti.

All’interno di questa gradualità esistono però circostanze o iniziative che hanno un peso più rilevante? 

Le visite dei papi in sinagoga appartengono a questa categoria, anche per la risonanza mondiale che esse immediatamente assumono. In questo senso Roma e la sua Comunità ebraica si confermano una porta che diventa difficile ignorare se davvero si vuole dare concretezza. Roma ebraica e Roma cristiana: due poli ravvicinati, due mondi in relazione da secoli. Nel bene e nel male. Il loro è un incontro inevitabile determinato da ragioni non solo di vicinanza geografica. C’è molto di più. E questa visita ne è, per la terza volta, una chiara testimonianza.

Testimonianze importanti sono anche i numerosi testi e i numerosi impegni assunti sull’altra sponda del Tevere in questi mesi. L’ultimo dei quali il documento licenziato in dicembre dalla Pontificia commissione per i rapporti religiosi con l’ebraismo in cui si enuncia il particolare legame con gli ebrei e la rinuncia alla conversione. Che impressione ha ricavato dalla sua lettura?

Si tratta di un testo rilevante sotto molteplici punti di vista. Un documento che non può essere ignorato e che richiede la massima attenzione e una articolata e consapevole risposta da parte del mondo ebraico.

A parte alcune eccezioni, non le sembra che questa risposta stia tardando ad arrivare?

All’esterno può apparire così, ma la situazione è diversa. C’è infatti bisogno che i problemi siano approfonditi in modo adeguato, come sta facendo ad esempio una Commissione di rabbini europei, di cui mi onoro di far parte, che è al lavoro da alcuni mesi sul tema delle relazioni con il mondo cattolico. Posso garantire che il confronto è quotidiano e appassionante e che i risultati saranno all’altezza delle sollecitazioni che ci sono giunte.

Non crede comunque che ci sia una certa lentezza in questi processi, anche a confronto con una élite cattolica che ha imparato a comunicare con immediatezza e tempestività?

A verificarsi è quella che definirei l’espressione dell’asimmetria del dialogo. Inutile girarci attorno: i numeri e le forze in campo sono diverse. La Chiesa rappresenta oltre un miliardo di persone nel mondo, noi siamo soltanto pochi milioni. E poi ci sono anche altre ragioni, riconducibili principalmente a queste sfere: organizzativa, gerarchica, dottrinale, nel rapporto storico. Una rapida analisi delle stesse porta alla conclusione che queste lacune, se così vogliamo chiamarle, sono inevitabili.

In un dialogo che si vuole paritario gli ebrei non rischiano così di apparire soltanto come dei soggetti passivi? 

È evidente che il rischio esiste, ma la storia recente ci viene in soccorso dimostrandoci che può non essere così. Si devono infatti all’impegno e al nostro attivismo alcuni importanti successi, come il chiarimento sul popolo ebraico che è “popolo di Dio” e l’allacciamento di relazioni diplomatiche tra Vaticano e Stato di Israele. Risultati cui non si sarebbe giunti senza un pressing, senza una nostra richiesta di chiarimento.
Nelle stesse ore in cui la pontificia commissione divulgava gli esiti del suo lavoro, diventava di dominio pubblico un testo firmato da diversi rabbini che si dichiarano ortodossi in cui si interpreta la nascita del Cristianesimo come componente del un piano divino per la comune redenzione del mondo. Che idea si è fatto?
È un testo che corre il rischio di essere presuntuoso, anche perché dichiara l’intenzione dei suoi firmatari di farsi interpreti con certezza della volontà del “nostro Padre in cielo”. Sul piano squisitamente teologico sono diverse le espressioni e i riferimenti non solo dubbi, ma decisamente avventati. La dimostrazione che con la fretta spesso si va poco lontano o, ancora peggio, si possono fare dei danni.
Adam Smulevich twitter @asmulevichmoked
- See more at: http://moked.it/blog/2016/01/17/ebrei-e-cristiani-il-dialogo-lo-si-costruisce-per-gradi/#sthash.YAMQdenn.dpuf
(Cardinale Walter Kasper) Oggi Papa Francesco sarà in visita alla Sinagoga di Roma. Dopo quelle di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, sarà la terza visita di un Papa alla comunità ebraica romana. Come forse nient' altro, ciò mostra il cambiamento storico prodotto nella Chiesa cattolica dal Concilio Vaticano II. Mentre il quarto Concilio Lateranense, 800 anni fa, aveva rinchiuso gli ebrei nel ghetto, oggi i Papi vanno nell' ex ghetto ebraico per scambiare il saluto biblico «Shalom», «pace», con la comunità ebraica. Cinquant' anni fa, con la dichiarazione «Nostra ætate», il Concilio Vaticano II dette l' avvio alle relazioni fraterne ebraico-cristiane. Traendo spunto da quest' occasione, la Pontificia Commissione per i rapporti religiosi con l' ebraismo ha pubblicato, il 10 dicembre 2015, un documento importante. Tornando a ricordare la storia complessa, e in gran parte dolorosa, di tali rapporti, nomina anzitutto la Shoah: l' assassinio, organizzato dallo Stato, durante il regime nazionalsocialista, di due terzi degli ebrei d' Europa, che, fino ad oggi, ha lasciato un trauma profondo nel popolo ebraico. Già nell' intestazione, il nuovo documento cita la causa del cambiamento dei rapporti. L' apostolo Paolo scrive, nell' Epistola ai Romani, che la chiamata di Dio, rivolta al popolo ebraico, è irrevocabile. Gli ebrei, quindi, non sono, come spesso fu detto in passato, il popolo ripudiato, ma l' alleanza di Dio con loro vale ancora. Ebrei e cristiani si trovano in un rapporto unico, nel suo genere, che si differenzia dalle relazioni con ogni altra religione. Ebrei e cristiani hanno un' eredità spirituale comune negli scritti dell' Antico Testamento. Entrambi sono, per così dire, fratelli e sorelle che, nell' Antico Testamento, hanno padri e madri della fede comuni. Gesù stesso, sua madre Maria e tutti gli apostoli erano ebrei. L' ultimo Concilio, perciò, ha rigettato in modo deciso la discriminazione degli ebrei, denunciato le persecuzioni del passato e condannato severamente ogni forma di antisemitismo. Da allora in poi, ovunque ebrei e cristiani vivano insieme, le relazioni sono amichevoli, ci sono dialogo e cooperazione nelle questioni umanitarie pratiche e c' è la preoccupazione comune per la pace, nella Terra Santa funestata da conflitti sanguinosi. Provocazioni di fanatici irriducibili, che causano di continuo inquietudine, sono condannate insieme da ebrei e cristiani, che sono in relazione diretta, nel dialogo che dura da decenni. È interessante che il documento recente compia perfino un passo che va oltre quanto fatto dal Concilio Vaticano II, affrontando le questioni, sensibili per gli ebrei, della missione verso gli ebrei. La questione generò disappunto grave, nel 2007, quando Papa Benedetto reintrodusse, nella liturgia del Venerdì Santo, in casi eccezionali, il vecchio rito. Rito che prevede una preghiera «per la conversione degli ebrei», che non compare più, in questa forma, nella liturgia postconciliare, usuale quasi ovunque. Questo è un problema sensibile anche per i cristiani, perché interessa la questione, fondamentale per la fede, della salvezza universale in Gesù Cristo. Il documento presenta come soluzione quella trovata allora, di concerto con il Papa: non c' è un' attività missionaria cristiana specifica, istituzionale verso gli ebrei; ma i cristiani devono rendere testimonianza agli ebrei della loro fede in Gesù Cristo; e devono farlo in modo umile, sensibile e rispettoso della fede ebraica. È motivo di gioia speciale che, una settimana prima di tale documento, fosse pubblicata una dichiarazione di 25 rabbini ebrei ortodossi. Entrambe le dichiarazioni sono state accordate, evidentemente, fino ad un certo grado e testimoniano, in modo rinnovato, del rapporto fiducioso che si è sviluppato. Insieme, i due documenti possono dire: in un' epoca, in cui sotto la copertura della religione, aumentano i conflitti violenti, che minacciano la pace nel mondo, ebrei e cristiani rendono insieme testimonianza che, nonostante una storia difficile, sono possibili cooperazione amichevole e impegno comune in favore della giustizia e della pace nel mondo. La visita di Papa Francesco alla Sinagoga di Roma approfondirà questa testimonianza comune in favore della Shalom, della pace nel mondo, e la promuoverà.

Nessun commento:

Posta un commento

Nota. Solo i membri di questo blog possono postare un commento.