ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 17 gennaio 2016

Può forse un cieco guidare un altro cieco? Lc 6, 39-42

Il Papa in Sinagoga: “Siamo diventati amici e fratelli”

Francesco al Tempio Maggiore di Roma: «Proprio da un punto di vista teologico, appare chiaramente l’inscindibile legame che unisce cristiani ed ebrei. I cristiani, per comprendere se stessi, non possono non fare riferimento alle radici ebraiche». No all’antisemitismo e alle discriminazioni, l’invito a lavorare insieme per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato
Abbraccio tra papa Francesco e il rabbino capo di Roma Di Segni

«Il passato ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro. La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace».
Papa Francesco conclude con un ricordo delle vittime e dei sopravvissuti dello sterminio nazista il suo discorso alla Sinagoga di Roma. È il terzo Papa a varcare la soglia del Tempio Maggiore della capitale, la città di cui è vescovo.

Bergoglio è arrivato con dieci minuti d’anticipo, senza cortei e senza stuolo di accompagnatori, sulla solita Ford Focus blu. Accolto dal Presidente della Comunità ebraica romana, Ruth Dureghello, dal Presidente dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane (Ucei), Renzo Gattegna, e dal Presidente della Fondazione Museo della Shoah, Mario Venezia, Francesco ha deposto un grande cesto di fiori bianchi sotto la lapide che ricorda la deportazione degli ebrei romani nel 1943. Quindi ha percorso a piedi via Catalana e ha ripetuto l’omaggio davanti alla lapide in ricordo di Stefano Gaj Taché, il bambino ucciso nell’attentato terroristico del 1982, intrattenendosi con i suoi familiari.   
Pochi minuti dopo l’abbraccio con il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, e l’ingresso in Sinagoga.  

Per quasi mezz’ora, senza alcuna fretta, Francesco ha percorso in lungo e in largo il tempio, stringendo mani e abbracciando i presenti, sottolineando così il dato più caratteristico di questa terza visita: la cordialità e l’amicizia.  
, stringe le mani agli ebrei di Roma. Uno ad uno. È' il primo Pontefice… https://www.instagram.com/p/BApQ4ITC5ef/
Il Presidente della Comunità ebraica romana Ruth Dureghello non nasconde la sua emozione: «oggi scriviamo ancora una volta la storia». Ricorda le parole di Francesco contro l’antisemitismo e contro coloro che negano a Israele il diritto di esistere. Ammonisce che «la pace non si conquista seminando il terrore con i coltelli in mano, non si conquista versando sangue nelle strade di Gerusalemme, di Tel Aviv, di Ytamar, di Beth Shemesh e di Sderot... Tutti noi dobbiamo dire al terrorismo di fermarsi. Non solo al terrorismo di Madrid, di Londra, di Bruxelles e di Parigi, ma anche a quello che colpisce ormai tutti i giorni Israele. Il terrorismo non ha mai giustificazione». La Presidente ha anche ricordato che il terrorismo islamico ha già colpito Roma, uccidendo nel 1982 il piccolo Stefano Gaj Taché. Ha detto che non si può restare indifferenti, di fronte al sangue sparso. E ha concluso con la certezza che «la Fede non genera odio, la Fede non sparge sangue, la Fede richiama al dialogo» e «questa consapevolezza, che non appartiene esclusivamente alle nostre religioni, possa trovare la collaborazione anche dell’Islam».  

Il Presidente dell’Ucei Renzo Gattegna ha auspicato che i grandi passi in avanti compiuti nel dialogo possano essere maggiormente diffusi «presso tutta la popolazione», perché «ancora circolano con frequenza pregiudizi e discorsi improntati a un disprezzo che ci offende e ci ferisce». Gattegna ha quindi osservato che «in questo difficile momento cristiani ed ebrei sono accomunati dallo stesso destino», costretti «a difendersi da spietati nemici, violenti e intolleranti, che stanno usando il nome di Dio per spargere il terrore compiendo i più atroci crimini contro l’umanità. La salvezza per tutti può venire solo dalla formazione di una forte coalizione» comune. 

Infine, il Rabbino Capo Di Segni, che ha spiegato come nella «tradizione giuridica rabbinica, un atto ripetuto tre volte diventa chazaqà, consuetudine fissa. È decisamente il segno concreto di una nuova era». Un evento «la cui portata si irradia in tutto il mondo con un messaggio benefico». Quindi ha ricordato il Giubileo nella tradizione ebraica: «Non ci è sfuggito il momento iniziale in cui all’apertura della Porta è stata recitata la formula liturgica “aprite le porte della giustizia”. Per un ebreo che ascolta, è qualche cosa di noto e familiare, è la citazione del verso dei Salmi» che «noi citiamo nella nostra liturgia festiva». Un segno «di come le strade divise e molto diverse dei due mondi religiosi condividono comunque una parte di patrimonio comune che entrambe considerano sacro». Tutti «attendiamo - ha detto ancora il Rabbino - un momento chissà quanto lontano nella storia in cui le divisioni si risolveranno». «Accogliamo il papa - ha concluso - per ribadire che le differenze religiose, da mantenere e rispettare, non devono però essere giustificazione all’odio e alla violenza, ma ci deve essere invece amicizia e collaborazione e che le esperienze, i valori, le tradizioni, le grandi idee che ci identificano devono essere messe al servizio della collettività».  
, il rabbino Alberto Funaro intona il Salmo di David in occasione della visita di… https://www.instagram.com/p/BApVeGOC5Z2/
Prendendo la parola, il Papa ha ringraziato in ebraico, «Todà rabbà», per la «calorosa accoglienza». Ha ricordato: «Già a Buenos Aires ero solito andare nelle sinagoghe e incontrare le comunità là riunite, seguire da vicino le feste e le commemorazioni ebraiche». Un «legame spirituale» che «ha favorito la nascita di autentici rapporti di amicizia e anche ispirato un impegno comune». Bergoglio ha citato il «legame unico e peculiare» tra ebrei e cristiani, che «devono dunque sentirsi fratelli, uniti dallo stesso Dio e da un ricco patrimonio spirituale comune». 
, : "Ebrei e cristiani devono sentirsi fratelli" per le "radici ebraiche… https://www.instagram.com/p/BApXVFLi5ep/
Francesco ha fatto sua l’espressione coniata da Giovanni Paolo II per gli ebrei, «Fratelli maggiori», infatti «voi siete i nostri fratelli e le nostre sorelle maggiori nella fede. Tutti quanti apparteniamo a un’unica famiglia, la famiglia di Dio, il quale ci accompagna e ci protegge come suo popolo».  
, il rabbino capo di Riccardo di Segni a : "Il dialogo fra le… https://www.instagram.com/p/BApWjHyC5cj/
«Insieme, come ebrei e come cattolici, siamo chiamati ad assumerci le nostre responsabilità per questa città, apportando il nostro contributo, anzitutto spirituale, e favorendo la risoluzione dei diversi problemi attuali». Citando il documento conciliare Nostra aetate, il Papa ha ribadito il «no» a «ogni forma di antisemitismo, e condanna di ogni ingiuria, discriminazione e persecuzione che ne derivano». E ha ricordato l’importanza del lavoro di approfondimento teologico: «I cristiani, per comprendere se stessi, non possono non fare riferimento alle radici ebraiche, e la Chiesa, pur professando la salvezza attraverso la fede in Cristo, riconosce l’irrevocabilità dell’Antica Alleanza e l’amore costante e fedele di Dio per Israele».  

Il Papa invita a «non perdere di vista le grandi sfide che il mondo di oggi si trova ad affrontare. Quella di una ecologia integrale è ormai prioritaria, e come cristiani ed ebrei possiamo e dobbiamo offrire all’umanità intera il messaggio della Bibbia circa la cura del creato. Conflitti, guerre, violenze e ingiustizie aprono ferite profonde nell’umanità e ci chiamano a rafforzare l’impegno per la pace e la giustizia».  

«La violenza dell’uomo sull’uomo - ricorda Francesco - è in contraddizione con ogni religione degna di questo nome, e in particolare con le tre grandi religioni monoteistiche... Ogni essere umano, in quanto creatura di Dio, è nostro fratello, indipendentemente dalla sua origine o dalla sua appartenenza religiosa». E «là dove la vita è in pericolo, siamo chiamati ancora di più a proteggerla. Né la violenza né la morte avranno mai l’ultima parola davanti a Dio, che è il Dio dell’amore e della vita. Noi dobbiamo pregarlo con insistenza affinché ci aiuti a praticare in Europa, in Terra Santa, in Medio Oriente, in Africa e in ogni altra parte del mondo la logica della pace, della riconciliazione, del perdono, della vita». 

Infine, Bergoglio ha ricordato lo sterminio degli ebrei: «Sei milioni di persone, solo perché appartenenti al popolo ebraico, sono state vittime della più disumana barbarie... Il 16 ottobre 1943, oltre mille uomini, donne e bambini della comunità ebraica di Roma furono deportati ad Auschwitz. Oggi desidero ricordarli col cuore in modo particolare: le loro sofferenze, le loro angosce, le loro lacrime non devono mai essere dimenticate. E il passato ci deve servire da lezione per il presente e per il futuro. La Shoah ci insegna che occorre sempre massima vigilanza, per poter intervenire tempestivamente in difesa della dignità umana e della pace. Vorrei esprimere la mia vicinanza a ogni testimone della Shoah ancora vivente; e rivolgo il mio saluto particolare a coloro che sono oggi qui presenti. Shalom alechem!». 




#Sinagoga, al termine della visita di #PapaFrancesco il coro intona #AniMaamin, il canto dei deportati verso i forni crematori

Deputata svedese sollecita un’indagine approfondita sui crimini di guerra israeliani

Betlemme Funerale di vittime palestinesi uccise dagli israeliani
Betlemme Funerale di vittime palestinesi uccise dagli israeliani
Stoccolma-PIC. Il ministro degli Esteri svedese, Margot Wallstrom, martedì ha sollecitato un’indagine seria sugli atti di violenza e omicidi perpetrati dall’esercito di occupazione israeliano contro i Palestinesi.
Wallstrom ha chiesto un’inchiesta per stabilire se l’occupazione israeliana sia stata colpevole di omicidi extragiudiziali di Palestinesi durante i recenti fatti di violenza, hanno riferito i media locali.
“E’ fondamentale che ci sia un’indagine approfondita e credibile su queste morti, per chiarire e determinare le possibili responsabilità”, ha detto la Wallstrom durante un dibattito parlamentare, secondo l’agenzia di stampa TT.
155 Palestinesi, tra cui 28 bambini e sette donne, sono stati assassinati dalle truppe di occupazione israeliana dallo scoppio dell’attuale Intifada contro l’occupazione di Gerusalemme, ai primi di ottobre.
Tali commenti sono stati gli ultimi di una serie di dichiarazioni di Wallstrom che hanno irritato le autorità di occupazione israeliana. I legami tra la Svezia e Israele sono crollati quando la Svezia ha riconosciuto lo stato palestinese poco dopo che i socialdemocratici di centro-sinistra di Wallström vincessero le elezioni parlamentari del 2014.
Palestinian rafah-school-strike-gaza
Nel frattempo è arrivato una informativa della FPLP, una delle Organizzazioni che rappresentano i palestinesi, ed ha trasmesso un suo comunicato:
Gaza-PIC. Il Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina (FPLP) ha avvertito che le isteriche uccisioni a sangue freddo dei Palestinesi da parte di Israele non porteranno a sicurezza e stabilità, ma condurranno a una maggiore resistenza.
In un comunicato stampa divulgato mercoledì, il FPLP ha condannato l’uccisione di tre giovani uomini di al-Khalil e di Betlemme, pochi giorni fa, descrivendo il loro omicidio come parte della guerra di Israele contro l’Intifada (rivolta) di al-Quds.
Il FPLP ha espresso il proprio fermo convincimento che gli episodi di sterminio di massa in Cisgiordania e a Gerusalemme non fermeranno la determinazione dei giovani palestinesi nel continuare la loro lotta contro l’occupazione.
E ha aggiunto che “l’aumento delle esecuzioni che i soldati armati praticano contro giovani uomini e donne senza armi evidenzia che i crimini sistematici di Israele non potranno fermare l’intifada”.
Traduzione di Edy Meroli
Fonte: Infopal
Vedi anche: il tiro “al piccione” dei soldati israeliani con i ragazzi palestinesi disarmati: youtube.com/watch
http://www.controinformazione.info/deputata-svedese-sollecita-unindagine-approfondita-sui-crimini-di-guerra-israeliani/

DENUNCIA: GLI "EFFETTI COLLATERALI" DELL'AGGRESSIONE SIONISTA DEL 2014 A GAZA

DENUNCIA: GLI EFFETTI COLLATERALI DELL'AGGRESSIONE SIONISTA DEL 2014 A GAZA
 

Amar ha 42 anni e 9 bambini. La sua casa è stata bombardata durante l'ultimo massacro mentre la famiglia si era rifugiata in una scuola....


da Gazafreeland
(Traduzione di Paola di Lullo per l'Antidiplomatico)
 
Un anno e mezzo dopo l'ultimo massiccio attacco contro la Striscia di Gaza la ricostruzione promessa deve ancora cominciare. Invece è sempre possibile vedere nuove conseguenze e gli effetti collaterali  dell'uso di attrezzature militari in aree residenziali e contro i civili da parte dell' entità sionista.
 
A Beit Hanoun, una cittadina a nord della Striscia di Gaza, al confine con i territori palestinesi occupati nel 1948 (quello che l'imperialismo occidentale ha ribattezzato 67 anni fa come "Israele"), siamo andati a far  visita a Mahmoud Abu Amar Janad.
 
Amar ha 42 anni e 9 bambini. La sua casa è stata bombardata durante l'ultimo massacro mentre la famiglia si era rifugiata in una scuola delle Nazioni Unite. "Nella scuola abbiamo dormito sulle scale e ci siamo lavati in bagni in cui non c'era acqua corrente. Oltretutto la scuola era molto sporca e molti giorni il cibo che ci hanno dato era in cattive condizioni."
 
Inoltre, ha spiegato, la scuola dove si erano rifugiati era una delle tante scuole di Nazioni Unite attaccate dal entità sionista durante quei 51 giorni di bombardamenti. In uno di questi attacchi contro la scuola è morto lo zio di Amar.
 
Durante un cessate il fuoco la famiglia ha deciso di andare a casa a prendere dei vestiti, e  "tutto puzzava di morti ... la strada, le case ...".
 
 
Oltre alla casa Amar ha perso l'automobile, con cui si guadagnava da vivere, lavorando come tassista.
 
La famiglia ci racconta anche come a due settimane dall'inizio del massacro i sionisti entrarono via terra a Beit Hanoun, sparando, oltre che con proiettili veri, bombe fumogene e gas lacrimogeni nelle case, costringendo tutte le famiglie a fuggire mentre "potevamo vedere i carri armati entrare la nostra strada ... ".
 
La moglie di Amar ci spiega che  "dopo la guerra molta gente ha cominciato a soffrire di malattie rare. Quando siamo tornati a stabilirci in quello che era rimasto della nostra casa  tutti noi abbiamo cominciato a soffrire di problemi di pelle. Inoltre, gli occhi della nostra figlia maggiore hanno cominciato a dolere e sono divenuti molto rossi. Il medico da cui l'abbiamo portata ha diagnosticato  un problema cronico. Ha crisi periodiche durante le quali dobbiamo metterle delle gocce di 18 volte al giorno. Queste goccioline sono così costose e difficili da reperire che il medico non ce le vende né ce le lascia portare a casa, cosicché  durante le crisi dobbiamo andare dal medico 18 volte al giorno." Invece, "il nostro figlio di 6 anni ha cominciato a vedere doppio. All'inizio abbiamo pensato che fosse uno scherzo ... recentemente ha iniziato a portare gli occhiali, però continua a non veder bene. Il medico ci ha detto che dopo la guerra, molti bambini hanno iniziato a soffrire di questi problemi."
 
A causa dello stress e della tensione vissuta durante i bombardamenti Amar ha forti dolori muscolari e di schiena e la figlia quindicenne ha un eczema sui capelli che dura fino ad oggi.
 
Mentre ci mostra le condizioni in cui attualmente vivono, Amar esclama "Israele e media stranieri hanno detto che la guerra era contro Hamas ... ma poi ha bombardato le nostre case, le nostre auto, i nostri animali, le scuole, gli ospedali ... Io non sono di Hamas! Anche la mia auto era un terrorista? I miei animali erano terroristi?". "Loro sperimentano su di noi nuove armi, proibite contro i civili ... Uccidono donne, bambini ed animali ... sono tutti di Hamas? Sanno che non possiamo fuggire, tutte le nostre frontiere sono chiuse ... Come può accadere qualcosa del genere sulle coste del Mediterraneo? ».
 
A quel punto ci ha interrotti  un uomo di circa 30 anni con il padre cieco. La moglie di Amar, spiega "è il nostro vicino di casa, settimane dopo la fine della guerra un giorno si è svegliato e non vedeva più, nessuno sa perché."
 
Stavamo per andar via quando il figlio adolescente di Amar, indignato, ci chiede di trasmettere questo messaggio alla gente dei nostri paesi, "non abbiamo bisogno di carità o di pacchi di cibo, abbiamo bisogno di libertà. Non siamo terroristi o criminali, siamo persone normali che cercano di vivere in pace."

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