ACTA APOSTATICAE SEDIS : come, cambiando un po' qua e un po' la, si può cambiare tutto...

domenica 18 giugno 2017

Gli “occhi della fede”

La Santa Messa: un’unica Realtà per Dio e per me

Il Sacrificio della Croce e dell’Altare è un’unica Realtà, allo sguardo del Cristiano come a quello di Dio. Gli “occhi della fede” scoprono e contemplano il reale Mistero: non più solo il sacerdote ma Gesù Sacerdote, non più solo l’altare ma il Calvario, non più il pane e il vino ma il suo Corpo e il suo Sangue.

Gesù è morto sulla croce, ma vive ancora. Egli ha vinto la morte. Il piano da Lui eseguito si è sovrapposto e contrapposto a quello del sinedrio che lo ha condannato. Nella storia dell’umanità non si è mai verificato (né sarà possibile) che un cumulo di menzogne e di perfidia, come quello del processo ordito dai capi giudei contro Gesù di Nazareth, potesse servire al massimo trionfo della Giustizia misericordiosa di Dio. Ma ciò ancora non rivela tutto “il Mistero” di Gesù.


L’Uomo-Dio

Prima di essere figlio di Maria Santissima, Gesù è il Figlio naturale di Dio. Nasce a Betlemme sotto Augusto e muore in croce a Gerusalemme, sotto Tiberio, ma Gesù, il Verbo, è generato dal Padre, trascendente a tutti i luoghi e a tutti i tempi, perché immenso ed eterno.
Proprio l’Unione Ipostatica, elevando la natura umana di Gesù all’essere-filiale del Verbo, le dà un’assolutezza tale che non si dà una sola delle sue azioni – neppure delle più comuni e banali – che non partecipi della sua dignità infinita.
Per quella unione della natura umana e della natura divina nell’unica Persona di Gesù, la sua “mediazione” è realmente universale, raggiungendo e contenendo in sé l’intero universo della materia e dello spirito, dominando la storia, così da emergere sul ciclo di tutte le generazioni umane e imporsi come contemporaneo di ciascuna.
Per la medesima “unione”, Gesù ha ricevuto dal Padre la pienezza dei poteri per cui la sua influenza è inesauribile a tutti i livelli della natura e della grazia.
Sono reali i limiti della natura umana, ma più reale è il valore che questi medesimi vantano dal momento che sono stati fatti propri da una Persona divina: qui sta tutto il segreto della mediazione dell’umanità da Lui assunta.
Ciò va affermato soprattutto a riguardo della sua offerta vittimale, incontenibile nei confini dello spazio e del tempo, in cui avvengono anche le imprese dei più grandi personaggi storici.


Nostro contemporaneo

Per questo può dirsi che l’efficacia del suo Sacrificio durerà in eterno. Si tratta di un presente partecipe dell’eternità di Dio: è il “presente” proprio del “mistero di amore e morte”, celebrato dal “Re dei secoli”, “Alfa e Omega” di tutto il divenire.
Poiché Gesù è il Figlio di Dio trascendente, Egli è anche “il contemporaneo”, rispetto agli uomini di tutti i secoli, quindi ai peccati con i quali ciascuno purtroppo non smette di crocifiggerlo, motivandone il Sacrificio di espiazione che si estende con la sua misteriosa efficienza quanto la storia di cui Egli è “Principio e Fine”.
Questo “Mistero” è scoperto e contemplato solo dalla fede, che si spinge oltre quanto gli occhi vedono e percepiscono, oltre il fatto descritto dalla cronaca e documentato dagli storici e celebrato dagli artisti. 
Il medesimo “Mistero” è stato intuito unicamente da Maria Santissima, la Corredentrice, e solo dopo la Pentecoste, anche dagli Apostoli e dai credenti che hanno aderito a Gesù, crocifisso, morto e risorto. Ancora lo stesso “Mistero” costituisce la vitalità del Corpo mistico che è la Chiesa, il perenne “contenuto” del suo culto, la causalità soprannaturale dei Sacramenti, l’energia che produce i vergini, i martiri, i santi, e rende a tutti possibile la sequela di Gesù.


Perenne Sacrificio

Dal giorno dell’Ascensione, Gesù si sottrae alla vista di tutti. Pochi avevano potuto seguire le fasi del suo processo, assistere alla sua agonia..., presto poi anche le scene della tragedia, si sarebbero dileguate, restandone solo il ricordo, se Gesù stesso non avesse reso perenne il suo supremo Sacrificio.
Però il “Mistero” nascosto in quelle “scene” della Passione e Morte di Gesù, era fuori del tempo, avendo senso e valore che lo trascendevano per la dignità della sua Persona che, nella sua carne fisica, si era sottoposta a tutto l’odio e la violenza dei nemici: il Mistero della sua morte resta fuori e sopra quanto tutti avevano potuto vedere o capire.
Ma il credente come tale, essendo uomo, ha bisogno di fare leva su qualcosa di sensibile: l’Incarnazione del Verbo doveva avere una sua continuazione, essendo destinata a redimere l’uomo e non l’Angelo. Occorreva che il credente fosse membro di un Corpo sociale, capace di un culto esterno, che a sua volta esprimesse la comune fede nell’Opera redentrice di Gesù, presente e contemporaneo a ogni anima.
In breve: era necessario che il Sacrificio di Gesù sul Calvario fosse reso presente a tutti anche sensibilmente, così da costituire il supremo atto di culto della futura società dei credenti.
Proprio quel che dovette pensare Gesù quando trasformò la celebrazione della pasqua ebraica in quella del Sacrificio eucaristico; quindi istituendo il Sacerdozio ministeriale e la Chiesa quale Società visibile e gerarchica. Tutto questo fece Gesù, la sera prima di patire e di morire per noi, l’istituzione dell’Eucaristia, Presenza reale del suo Corpo e del suo Sangue, perenne Sacrificio dell’altare.
Noi tutto questo celebriamo il Giovedì Santo e ancora nella solennità del Corpus Domini, anzi ogni domenica, ogni giorno.
Il Sacrificio dell’altare non ripete quello della Croce, assolutamente perfetto, sufficiente e unico, ma ri-presenta sotto diversa forma quel medesimo Sacrificio, contemporaneo a ogni luogo, a ogni tempo, a ognuno che vi si unisce.
È certo dunque che il Sacrificio eucaristico – la Santa Messa, parola che significa appunto Sacrificio – è certamente quel Mistero, a cui aggiunge una diversa forma sensibile, le apparenze del pane e del vino, la cui sostanza è interamente mutata in quella del Corpo e del Sangue di Gesù, Vittima offerta al Padre.
La prima forma fu visibile una sola volta sulla croce, non potendo Gesù morire più volte, la seconda forma – quella dell’altare – si moltiplica all’infinito, ovunque e quando un sacerdote pronuncia le due distinte formule della Consacrazione: «Questo è il mio Corpo offerto... Questo è il calice del mio Sangue versato...».
Abbiamo così la Messa quale Sacramento del Sacrificio di Gesù, come egregiamente si esprime san Tommaso d’Aquino, il teologo e il cantore insuperabile dell’Eucaristia (cf. Summa Theologiae, III, 74, 3, 3).
In una parola: unica Realtà per Dio è il Sacrificio di Gesù sulla croce e sull’altare. Gesù-Ostia che riconosce e adora Dio, lo ringrazia e lo loda come Egli è degno. Gesù che espia il peccato degli uomini. Gesù che impetra la grazia di cui abbiamo bisogno.
Unica realtà per Dio: Gesù immolato, ma sempre vivo a intercedere per noi. Allo stesso modo, dev’essere l’unica realtà per me, ogni giorno, a cominciare, e sempre di più, da questo Corpus Domini 2017. Essere Ostia con Lui.

dal Numero 24 del 18 giugno 2017
di Paolo Risso
http://www.settimanaleppio.it/dinamico.asp?idsez=6&id=1408

LE NOSTRE MESSE SCIALBE E QUELLA DI PADRE PIO, UN «MISTERO TREMENDO» VISSUTO AI PIEDI DELLA CROCE

Giovanni Paolo II, San Giovanni Rotondo 23 maggio 1987 
«Un aspetto essenziale del sacro ministero, e ravvisabile nella vita di padre Pio, è l’offerta che il sacerdote fa di se stesso, in Cristo e con Cristo, come vittima di espiazione e di riparazione per i peccati degli uomini. Il sacerdote deve avere sempre davanti agli occhi la definizione classica della propria missione, contenuta nella Lettera agli Ebrei: “Ogni sommo sacerdote, scelto fra gli uomini, viene costituito per il bene degli uomini nelle cose che riguardano Dio, per offrire doni e sacrifici per i peccati”… Questa offerta deve raggiungere la sua massima espressione nella celebrazione del sacrificio eucaristico. E chi non ricorda il fervore col quale padre Pio riviveva, nella Messa, la passione di Cristo? Da qui la stima che egli aveva della Messa – da lui chiamata “un mistero tremendo” – come momento decisivo della salvezza e della santificazione dello uomo mediante la partecipazione alle sofferenze stesse del Crocifisso. “C’è nella Messa – diceva – tutto il Calvario”. La Messa fu per lui la “fonte ed il culmine”, il perno ed il centro di tutta la sua vita e di tutta la sua opera».

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